L'arte musiva moderna di Enrico Fraschetti

L'arte musiva o del mosaico (fino ai primi del '900 musaico, opera di musa) è l'arte di realizzare motivi e figurazioni per decorare pareti e pavimenti. Le sue origini sono molto remote e si rifanno ai reperti archeologici provenienti dalla città di Uruk in Mesopotamia, dove già nel 3000 a.C. si abbellivano le costruzioni con coni di argilla a base dipinta, infissi nella malta fresca a formare semplici disegni geometrici (Museo di Stato di Berlino).

Questa particolare arte si è sviluppata soprattutto nell'antica Grecia ed in tutto il bacino del Mediterraneo. Consiste nell'applicare su un piano precedentemente preparato con un letto di stucco, gesso e calce, piccole pietruzze o pezzetti di vetro policromi o monocromi al fine di realizzare motivi ornamentali ripetitivi: "tessellatum".
Il mosaico fu un importante mezzo di espressione artistica nel mondo greco romano e giunse al culmine nell'arte e nell'architettura paleocristiana e bizantina. Solidità, resistenza all'umidità ed alle avversità climatiche, colori inalterabili, fecero del mosaico una forma pratica di decorazione architettonica nelle zone del Mediterraneo ed in particolare presso i latini.

Gradualmente, il mosaico esce dalla primitività del disegno geometrico ripetitivo: "vermiculatum", per acquistare forme e figure spesso floreali o "emblemata" (Suonatori comici di Pompei) oppure, "Opus Segmentatus" (Basilica e campanile di Aquileia).
Nei lavori di arte musiva cominciano ad essere inserite figure con intarsi "crustae marmoree" "Opus Sectile" o "commesso di marmi" (pavimento della Cattedrale di Siena), oppure la celebre tigre che assale un vitello, opera del 331 d.C. conservata nei Musei Capitolini di Roma e della quale Enrico Fraschetti ce ne ripropone uno splendido rifacimento in versione ridotta.

L'arte cristiana e bizantina nel medioevo diede nuovi sviluppi al mosaico murale, in particolar modo con le differenti inclinazioni delle superfici delle tessere costituenti il mosaico che, ricevendo incidenze diverse della luce, davano risalto alle figure riprodotte spesso realizzate con "Opus Tarsia" od "Opus Sectile" (Chiesa di San Clemente a Roma Mausoleo di Galla Placida a Ravenna).
Si avranno scuole di arte musiva a Venezia e Ravenna e soprattutto Roma con una schiera di musaicisti, i Cosmati, che dal XI al XIII secolo ed oltre abbelliranno la quasi totalità delle chiese romane con motivi pavimentali ben riconoscibili nello stile e nella esecuzione. (San Clemente al Celio, Santa Maria in Trastevere).

Dove attingevano i Cosmati, musaicisti romani, i materiali lapidei?
Li attingevano dai palazzi e dalle antiche dimore romane continuando quel saccheggio che già aveva depauperato in buona parte la Roma imperiale dalle opulente costruzioni lapidee che la distinguevano nel mondo. Esauriti quei preziosi materiali a costo zero, che i romani avevano importato da tutto il mondo, la produzione e la conseguente scuola cosmatesca cadrà nell'oblio.
L'arte bizantina medioevale produsse mosaici portatili adoperando minuscole tessere per la miniaturizzazione dei soggetti (tavolette del Museo dell'Opera a Firenze).
Il mosaico ad intarsio, cioè a "commesso di marmi" ritagliati secondo il disegno da formare, con tecnica non dissimile da quella della tarsia di legno, ebbe varia fortuna e venne usato per rivestire pareti e ornare pavimenti, proseguendo la tradizione dell'antico "Opus Sectile". Questa tecnica fu largamente impiegata nei primi secoli del medioevo (Sant'Ambrogio di Milano, San Vitale di Ravenna).

A Venezia nella seconda metà del secolo XIX, vi fu un ritorno al mosaico murale di grandi superfici, che gli artisti veneziani diffusero in tutta Europa (Cattedrale di Amalfi, Atrio dell'Opéra di Parigi).
Italiani erano i musaicisti che lavorarono a Londra, a Parigi, a Pietroburgo nel XIX secolo. Comunque, l'arte musiva era già in decadimento dal XVII secolo a seguito della scoperta in Toscana della "scagliola" o gesso plastico, che permetteva di realizzare capolavori di cornici, stucchi, rilievi o quant'altro di artistico in maniera molto più economica e facile che non "l'Opus Sectile" in pietra.

Nel periodo fascista, nel tentativo di far rivivere la gloriosa romanità, furono prodotte diverse pavimentazioni in mosaico monocolore (Foro Italico, Roma Eur).

Bisognerà arrivare ad Enrico Fraschetti per far rinascere l' "Opus Sectile", l'arte musiva interpretata, realizzata, in maniera moderna e non più come vasta superficie parietale, ma come quadro portatile in pietra naturale. L'artista, agli inizi si dedica a cornici per quadri, specchi e superfici di tavoli; opere particolarmente pregevoli nella loro unicità di disegno e di accostamento cromatico, nonché di precisione nella divisione degli spazi e degli angoli. Nel prosieguo del suo lavoro scopre la figura e vi si dedica con lodevole energia ed entusiasmo. Attiva soluzioni tecniche geniali perché il quadro marmoreo possa avere una propria collocazione, con un normale gancio da muro, su una qualsiasi parete.
Il Fraschetti con le sue opere ci dà una magistrale interpretazione lapidea di quadri o disegni famosi che nulla togliendo all'artista che li realizzò danno, in versione marmorea, le stesse sensazioni visivo-emotive dell'originale in pittura su tela o disegno (vedi il bacio di Hayez o il cavallo e cavaliere di Leonardo).
In fin dei conti l'artista riesce a dare nelle sue immagini, tratte da opere pittoriche famose, le stesse emozioni della pittura usando il granito che a differenza del pennello non permette sfumature, evanescenze o dettagli particolari ma soltanto forme definite, anche se con varietà di colori e venature; questa esemplificazione nei dettagli, del resto, è tipica e riscontrabile nell'arte moderna: l'Impressionismo.
E che dire poi dei colori dei marmi? Qualsiasi pittore potrà riprodurre un colore usato da Michelangelo nella Cappella Sistina, ma un tipo di porfido rosso egiziano che è presente in tutti i lavori cosmateschi nelle Basiliche Romane, nella Tomba di Napoleone a Parigi, nelle Tombe Adrianesche dei Musei Vaticani, non esiste più, la vena che l'aveva fornito si è esaurita; altrettanto dicasi per il giallo di Numidia, il serpentino verde e molti altri graniti e marmi le cui cave risultano esaurite. L'umanità, dopo aver usato e sperperato per secoli le risorse in marmi pregiati, un giorno ne andrà alla ricerca come delle rarità e, triste giorno, li sostituirà con la plastica.
Un'altra considerazione positiva è costituita dalle irripetibili grane e venature dei marmi impiegati. Un bravo copista potrà riprodurre alla perfezione un capolavoro di Raffaello, ma sarà impossibile poter riprodurre perfettamente un'opera Sectile per la impossibilità di trovare quella pietra, con quella grana, con quella venatura, che fu utilizzata nel lavoro originale. Tutto ciò che costituisce "pezzo unico", in alcun modo ripetibile, ha un valore inestimabile. I lavori di questo grande artista sono veramente "irripetibili".
Chi aveva mai sognato di realizzare un quadro in granito da appendere ad una parete? Le opere musive erano state create per grandi spazi pavimentali con ripetersi di motivi geometrici, vedi i grandi Cosmati delle Basiliche Romane o parietali con figure a carattere religioso dei grandi artisti dell'arte musiva bizantina (Ravenna) oppure antiche Ville Romane (Villa di Piazza Armerina).

"Long Life", lunga vita a questo artista settantasettenne; capostipite di un'Arte Musiva antica la "Opus Sectile", "commesso", "Opus Tarsia" o "intarsio fiorentino", rivisitata dal Fraschetti in tempi moderni, con uno stile unico ed una lavorazione e collocazione altrettanto uniche.
Sarebbe il caso di creare una scuola di giovani e meno giovani attratti da questa particolare forma di arte "Opus Sectile", rivisitata ed aggiornata; scuola che potrebbe recepire e proseguire in quelle tecniche particolari che l'artista Fraschetti ha negli anni inventato, affinato ed applicato, perché questo grande patrimonio tecnico artistico non vada perso: sarebbe un vero peccato!
I posteri che dovranno applicare una nomenclatura, un nome ben definito a questa specializzazione dell'arte musiva di cui Efras (la sigla con la quale si firma l'artista) rappresenta il capostipite, non potranno che rispettare l'intuizione della novità definendola Opus Nova.

L. Cianone